Hate speech sul lavoro | Risolvere

Domande e risposte

AGGRESSIONI VERBALI AL LAVORO: HATE SPEECH

Stress sul lavoro
28/08/2020

Buongiorno,
sono una donna di … anni e occupo una buona posizione lavorativa in un ambiente prevalentemente maschile. Vi scrivo perché avrei una domanda da sottoporvi a riguardo di una difficoltà lavorativa.  Si è creata una dinamica con i miei colleghi che mi è difficile comprendere. Continuano a svalutarmiprendermi in giro sia di persona che nella chat che abbiamo per questioni lavorative. Le svalutazioni e le prese in giro hanno prevalentemente riferimenti sessisti, quasi a intendere una sorta di inferiorità femminile. La situazione sta diventando per me insostenibile, non so come interpretarla e come porvi rimedio.  
Potete aiutarmi? 
M.

terapeuta Claudia Macaluso
risponde
Dott. Claudia Macaluso
Psicologia dell’adolescente, giovane adulto, adulto e coppie

HATE SPEECH: DI COSA SI TRATTA.

Gentile M.,
mi sembra che tu stia parlando di una dinamica che potrebbe rientrare nella sfera di quelli che si definiscono comportamenti maltrattanti ed in particolare potrebbe trattarsi della sfera dell’hate speech. Proverò a fornirti alcuni dati e interpretazioni di una condizione così delicata e complessa, affinchè tu possa valutare meglio la situazione in cui ti trovi.
In particolare, l’espressione “hate speach” fa riferimento a comportamenti di natura aggressiva verbale e non verbale, come insulti, commenti offensivi, toni esasperati e/o comportamenti sopra le righe. Questi comportamenti creano spesso un clima di ostilità e discriminazione nei confronti di un singolo o di un gruppo, facenti parte di minoranze o categorie più svantaggiate (minoranze etniche, religiose, di diverso orientamento sessuale, etc.) o più semplicemente facenti parte di gruppi di minoranza o semplicemente con caratteristiche differenti dai parlanti.

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HATE SPEECH ON-LINE

L’hate speech ultimamente sta dilagando in rete. In rete spesso grazie alla voce ‘Commenta’ ci si lascia andare a offese, insulti, toni provocatori che sembrano proliferare, favoriti da alcune condizioni dell’ambiente digitale, cioè:

  • l’anonimato (spesso chi lo fa usa un nickname) che consente di dare ancora più libero sfogo ai propri impulsi e alle proprie frustrazioni;
  • percezione di poter godere dell’appoggio del proprio gruppo (effetto estremizzazione del gruppo) cioè della propria cerchia sociale (amici, colleghi) che spesso condividono le stesse posizioni.

Chi subisce gli insulti in ambiente digitale subisce offese, sofferenze e danni anche peggiori di quando sono vissuti di persona. Infatti, la rete, le chat on-line, i social-media sono difficile da controllare. L’attività di offesa e denigrazione continua anche quando la persona in oggetto non è presente, è off-line. Si ha la sensazione di essere esposti continuamente agli attacchi, anche quando non si sta partecipando alla conversazione. Ma i messaggi saranno visibili al nuovo accesso. Per molte persone è più facile esprimersi in maniera offensiva nei confronti di qualcuno, quando non si è in presenza, ma on-line. La rete, in questo caso, offre la possibilità di deresponsabilizzarsi rispetto ai messaggi scritti, grazie alla maggiore distanza che persiste tra le persone.

 

HATE SPEECH: MISURE PREVENTIVE MESSE IN ATTO

Ricade all’interno di hate speech qualsiasi espressione violenta o discriminatoria rivolta a singoli o a gruppi di persone, effettuato di persona o via internet. Contrastare questi fenomeni non è semplice soprattutto quando accadono in rete e per questo il Consiglio D’Europa del 1997 si è espresso in merito, elaborando degli interventi di ordine legale e cercando di coinvolgere le grandi aziende digitali per farsi supportare.
Molti social network hanno adottato un codice di condotta che si impegna a rimuovere entro le 24 ore i contenuti considerati discorsi discriminatori e offensivi.
A livello ufficiale è stato istituita una Convenzione sui diritti Civili e Politici che ha per obiettivo quello di esortare i paesi a prendere posizioni ferme in materia di hate speech. Non tutti gli Stati però hanno ancora leggi specifiche e chiare su come comportarsi in caso di discorso d’odio.
Inoltre, la violenza sui luoghi di lavoro è molto più comune di quanto si pensi. Si parla di mobbingstalking, e anche di straining (atteggiamenti di scherno, demansionamento, disprezzo). Secondo dati dell’Ispes – istituto per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, in Italia si subiscono ancora parecchie umiliazioni e vessazioni proprio sul luogo di lavoro (si parla di circa un milione e mezzo di lavoratori). Il percorso per riconoscere ufficilamente e interrompere queste condotte non è affatto semplice e richiede delle prove concrete che spesso non è agevole riprodurre.

 

COMPORTAMENTI AGGRESSIVI RIVOLTI ALLA PERSONA

La dinamica che descrivi sembra possa collocarsi nella sfera di comportamenti aggressivi. L’aggressività alla persona è una forma di interazione sociale agita per arrecare un danno o conseguenze spiacevoli a un individuo. Sul piano umano si può attuare in forma fisica o verbale.
Esistono diversi tipi di aggressività:

  • reattiva: si mostra un atteggiamento aggressivo come risposta a un attacco, quindi assume una valenza difensiva;
  • proattiva: si agisce aggressivamente per raggiungere uno scopo;
  • impulsiva: si agisce in maniera aggressiva, ma non in modo premeditato e spesso è sproporzionata rispetto alla provocazione.

 

CHE FUNZIONE HA L’AGGRESSIVITA’?

L’aggressività fino a un certo livello ha un valore evoluzionistico, nel senso che ci consente un’attivazione difensiva contro i pericoli, oppure ha la funzione di affermare un sano confronto e affermazione di sé. Il problema si verifica quando l’aggressività viene utilizzata per danneggiare, invece che per affermare una posizione o un punto di vista, utili al confronto e al raggiungimento magari di una soluzione, magari risolutiva del conflitto in atto.

I comportamenti aggressivi, quindi, possono avere svariate funzioni e scopi. Ad esempio:

  • per esprimere la propria rabbia
  • per affermare il proprio potere sull’altro
  • per competere con l’altro
  • per esprimere il possesso di qualcosa o qualcuno
  • per minacciare
  • per difendersi e reagire alla paura
  • per affermare il proprio punto di vista
  • per segnalare il proprio disaccordo

 

POTREBBE ESSERE UTILE PARLARNE CON UNO PSICOLOGO?

Il dolore arrecato dalle aggressioni verbali non va trascurato perché lentamente può andare a intaccare il benessere psicologico. Le neuroscienze hanno ormai dimostrato che l’aggressività attiva un dannoso stato di stress in chi la subisce.
Inoltre, le aggressioni verbali (a seconda della loro distruttività) possono arrecare un disagio psicofisico pervasivo e proporzionato alla loro intensità e alla personalità di chi le subisce.
In questi casi è utile parlarne con uno Psicologo per:

  • inquadrare il tipo di aggressività che si subisce ed i meccanismi comportamentali ed emotivi che la generano
  • comprendere in particolare quale sia la componente più dannosa per te: cosa ti fa stare così male
  • capire se possibile gestire gli attacchi aggressivi
  • trovare delle strategie per preservare il proprio equilibrio
  • individuare azioni di protezione e difesa da intraprendere

 

IN CONCLUSIONE

M., spero che tu abbia trovato degli utili spunti di riflessione a riguardo della spiacevole condizione in cui ti trovi. La tua situazione è molto complessa perché la derisione e la svalutazione vanno a intaccare lentamente e progressivamente la tua immagine lavorativa includendo anche aree personali e la tua identità. Ciò può incidere sul senso del valore di sé e senza che tu te ne accorga ti potrebbero rendere insicura e ad esempio ti potrebbero limitare ad affermare le tue posizioni lavorative con i tuoi colleghi.

 

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