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LO STIGMA PSICOLOGICO: INTERVISTA A ELENA BILOTTA - SECONDA PARTE

Lo stigma della malattia mentale comporta il non riconoscimento e il grave isolamento delle persone che ne soffrono.
Vediamo meglio di cosa si tratta con Elena Bilotta. Psicologa e Psicoterapeuta calabro-svedese, dottore di ricerca, lavora come psicoterapeuta dal 2012 a Roma e si occupa di disturbi di personalità.

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Elena è la fondatrice di DSM-Disegni per la Salute Mentale, un progetto molto interessante e creativo, in cui si occupa di ideare e disegnare vignette che descrivono lo stigma nei confronti della malattia mentale, con l’intento di sviluppare consapevolezza su questo tema e aiutare le persone che soffrono ad uscire dal silenzio e chiedere aiuto.

Apprezzo molto il progetto di Elena. La forza delle immagini e delle metafore che utilizza nelle sue vignette aiutano davvero ad identificarsi nelle situazioni che descrive, facilitando l’emersione di molte condizioni di disagio mentale, che invece spesso rischiano di rimanere sommerse per paura e per vergogna. Crediamo come Elena, nell’importanza di parlare di questi temi.

Oggi pubblichiamo la seconda parte della sua intervista.

 

CRISI SOCIO-CULTURALE E SALUTE MENTALE

Stiamo vivendo un momento storico molto complesso: emergenza pandemica, guerra tra Ucraina e Russia, crisi economica, instabilità politica, emergenza climatica. Tutti aspetti che credo incidano molto sugli equilibri psico-sociali e individuali delle persone.
Che impatto può avere tutto ciò rispetto al tema della salute mentale? Hai potuto rilevare fenomeni socio-culturali degni di nota, che possono rilevare cambiamenti in atto?

È un periodo storico estremamente sfidante per la salute mentale e i dati lo testimoniano in modo eclatante, non solo in Italia ma a livello mondiale. La percentuale di depressione, e di disturbi d'ansia è aumentata esponenzialmente. Tra l'altro la categoria maggiormente colpita è quella dei giovani, degli adolescenti, tra i quali sono aumentati in maniera clamorosa gli atti autolesionistici e il ritiro. Questo dato contravviene fortemente l'aspettativa sociale che vuole i giovani come spensierati, felici sempre e comunque. Ecco, credo proprio che tale aspettativa abbia un potere stigmatizzante nei confronti dei giovani, che rifiuta la possibilità che la sofferenza mentale possa anche colpire i giovani. I dati lo testimoniano: oggi c’è una maggiore evidenza di questa situazione ed è un problema di cui finalmente si parla maggiormente. Ma sappiamo benissimo che gli adolescenti non sono mai stati per antonomasia felici e spensierati, almeno non tutti.
Oggi, anche per il momento di crisi che stiamo vivendo su più fronti, è sicuramente aumentata la sensibilità sul tema della sofferenza psicologica, e questo può costituire un fattore positivo per un passo avanti in termini culturali. Siamo di fronte ad un momento in cui la situazione ci aiuta ad aprire gli occhi come persone e come Istituzioni.
Lo stanziamento del bonus psicologo rappresenta un piccolo passo. Concretamente abbiamo visto che i fondi sono minimi: 1 persona su 9 avrà la possibilità di usufruire del Bonus Psicologo, ma sicuramente è un punto di inizio.
Il nostro Ministero della Salute è impegnato sul fronte della prevenzione della salute fisica, invece c'è ancora molto da fare sulla prevenzione della salute mentale. La giornata della salute mentale è un altro piccolo passo verso la sensibilizzazione su questo tema, ma sarebbe necessario fare di più per aiutare le persone che stanno male.
Da questo punto di vista anche i social network possono essere uno strumento utile, attraverso cui, ormai è innegabile, la cultura viaggia, soprattutto fra i più giovani. Io credo che si possa fare cultura anche attraverso quel mezzo, promuovere una sensibilizzazione, una condivisione. Ad esempio, il fatto che tante figure pubbliche famose inizino a condividere la propria storia, i propri momenti difficili è importantissimo. Credo che aiuti a normalizzare la possibilità di esporsi e cercare aiuto, aiuta a non sentirsi soli.

 

PERICOLO DELL’IPER-ESPOSIZIONE

Il valore benefico della condivisione è certo potente. Ma cosa pensi del rischio dell’iper-esposizione, cioè ad esempio il pericolo di mostrare troppo di ciò che è intimo e personale, perdendo in qualche modo il senso del limite?

Certo lo strumento della condivisione se usato indiscriminatamente può essere dannoso. È importante scegliere la modalità di comunicare, soprattutto su temi così delicati. Credo anche che chi è un personaggio pubblico possa, esponendosi nella giusta misura, aiutare a non idealizzare il mondo patinato che spesso viene proposto, anche semplicemente passando il messaggio di legittimarsi a uscire dalla solitudine e chiedere aiuto quando si è in difficoltà.

E questo messaggio lo comunichi molto bene nelle tue vignette. Sono uno strumento di rispecchiamento e identificazione forte.

 

STIGMA SOCIALE E STIGMA INTERIORIZZATO

Un aspetto interessante che proponi nel progetto che stai sviluppando è la duplice prospettiva dalla quale si può vedere il disagio psicologico e lo stigma ad esso collegato. Infatti, in alcuni tuoi disegni viene messa in luce la prospettiva esterna di chi guarda con pregiudizio le persone che soffrono di disagio psicologico. Di chi giudica, o considera le persone che soffrono di malessere psicologico come malate o inaffidabili; la prospettiva interna, cioè dal punto di vista di chi viene stigmatizzato per le sue fragilità. Di chi soffre perché il suo problema viene frainteso, sminuito, giudicato e la sua persona perde credibilità familiare, lavorativa, sociale.
Hai vogli di aiutarci a capire meglio di cosa si tratta attraverso delle esemplificazioni fornite dalle tue vignette? Quali sono le problematiche psicologiche che a tuo parere vengono maggiormente stigmatizzate?

Nelle mie vignette sono partita dalla declinazione che lo stigma ha nella realtà che vivo personalmente, e che vedo nel mio lavoro. Nei miei disegni cerco di rappresentare come agisce lo stigma da diversi puti di vista. Descrivo lo stigma esterno societario, lo stigma nei confronti della persona, che si presenta sotto forma di stereotipo, giudizio, pregiudizio, ipersemplificazione di una problematica mentale. Ad esempio, penso a quelle situazioni in cui la sofferenza mentale non si vede, è invisibile agli occhi di chi guarda. Spesso, infatti, il disagio mentale viene visto quando è grave, come nel caso delle persone con schizofrenia o delle persone che hanno un comportamento bizzarro. Invece, un problema come la depressione diventa un disturbo invisibile, perché viene nascosto per vergogna, o viene identificato come un problema della persona, che è vista come pigra, svogliata, che non vuole reagire. Questi stessi giudizi esterni spessissimo sono gli stessi nella seconda declinazione dello stigma, cioè lo stigma interiorizzato. Difficile stabilire cosa venga prima o cosa venga dopo, però sicuramente un ambiente invalidante, stigmatizzante, favorisce un aumento dei sintomi depressivi, dell'impotenza, della rabbia e di tutte quelle emozioni negative che portano poi al giudizio di sé e quindi a ritardare gli interventi di cura, oppure a interromperli perché non si vede un'efficacia immediata. La mancanza di cure adeguate non fa altro che favorire lo strutturarsi della patologia.

 

IMPORTANZA DELL’AUTO-RIFLESSIONE

Utilizzo i miei disegni come strumento per rendere il più efficace possibile la riflessione su di sé. La cosa che mi sta a cuore non è quella di dare dei consigli, ma piuttosto offrire una modalità che spinga all'autoriflessione. Il messaggio che vorrei arrivasse è: “non ti dico come pensarci, pensaci come vuoi, ma pensaci perché è importante”.
Ad esempio, un aspetto su cui riflettere è che le persone che soffrono di disturbo mentale si sentono spronate continuamente verso sfide impossibili, motivavate da slogan altrettanto impossibili “se vuoi, puoi”.  Ho fatto diversi disegni su questo argomento, perché anche su di me fanno effetto per pensare e per riflettere.
Le vignette hanno lo scopo di sviluppare empatia; attraverso immagini metaforiche propongo le diagnosi. Ad esempio, soffrire di disturbo d'ansia generalizzato è come cavalcare un cavallo imbizzarrito. Spesso hanno lo scopo di elicitare l'identificazione, mettersi nei panni dell'altro e comprendere il suo punto di vista.

 

DISTURBI PERSONALITÀ E STIGMA

Tu Elena lavori con persone che soffrono di disturbi di personalità, vero? Ci vuoi raccontare la tua esperienza?  Come si declina lo stigma in relazione a questo tema?

Lo stigma nei confronti dei disturbi di personalità è esistente ed è forte. Basti pensare ai tantissimi canali e post che si trovano sui social, alcuni purtroppo promossi da colleghi psicoterapeuti, nei riguardi del disturbo narcisistico e del disturbo borderline di personalità. Spesso si passa un messaggio di pericolosità, che incita le persone a “stare alla larga” da chi soffre di questi disturbi.  Allora, su questo occorre fare chiarezza, perché è vero che ci sono delle forme di narcisismo con aspetti di aggressività e che può arrivare, nelle sue forme più gravi, alla psicopatia, ma non esiste solo questo. Invece, per quanto riguarda il disturbo borderline di personalità, di solito ne vengono stigmatizzate le donne, descritte come insopportabili, aggressive, imprevedibili, distruttive in tutto.  Anche qui, nelle forme più gravi, gli aspetti di disregolazione emotiva sono molto presenti, ma non è la regola. È molto importante evitare le generalizzazioni ed evitare una descrizione di questi disturbi così patologizzante. Spesso in seduta mi trovo con i pazienti a ragionare proprio su questi temi e sull'effetto devastante che ha su di loro sentirsi descritti in questo modo: dei mostri da cui scappare.

 

IL FANTASMA DELLA MALATTIA MENTALE

 Mi sembra proprio che tu faccia riferimento all'effetto colpevolizzante che hanno certi tipi di rappresentazioni del disturbo mentale, che mettono l'accento in particolare sugli aspetti distruttivi, demonizzandoli. Invece credo proprio che sia fondamentale che le persone che soffrono di malattia mentale possono capire cosa succede loro, quale possa essere l'origine di ciò che vivono quotidianamente, di quale sia il loro funzionamento mentale. Credo sia anche importante in certi casi il coinvolgimento dei familiari, ad esempio per acquisire strumenti utili a gestire e contenere i momenti di crisi dei propri familiari.

Ad esempio, nel caso degli adolescenti è fondamentale che anche i genitori vengano coinvolti, prima per comprendere la situazione e poi per gestire i momenti difficili, e che quindi ricevano una psico-educazione specifica sul disturbo della figlia o del figlio. La conoscenza del disturbo mentale aiuta le persone ad accettarlo e a non rifiutarlo come qualcosa di sbagliato o spaventoso.
A livello Istituzionale sarebbe molto utile che i servizi promuovessero la psico-educazione e la diffusione di una cultura psicologica, che diminuisse la paura verso il “fantasma” della malattia mentale.

Qui trovate il link al progetto di Elena Bilotta, DSM-Disegni per la Salute Mentale
La sua pagina Instagram qui

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