Domande e risposte
GENITORI CHE ADOTTANO UN BAMBINO: AIUTI ED INTERVENTI POSSIBILI
Buongiorno,
io e mio marito da un anno abbiamo adottato M., una bambina di sei anni.
Nei primi mesi era molto affettuosa nei nostri confronti, da subito ci ha chiamati “mamma” e “papà”.
Ora sembra spesso arrabbiata. Anche a scuola ha cominciato a essere ripresa dalle maestre per il suo comportamento indisciplinato. Tutti i giorni ho l’ansia di aprire il diario e vedere una nuova comunicazione delle insegnanti sul comportamento di M. Non sappiamo come gestire questa situazione. Non sappiamo se sia opportuno chiedere l’aiuto di uno psicologo: per lei? Per noi?
S.
GENITORI E FIGLIO ADOTTIVO: IL PARERE DEL NOSTRO PSICOTERAPEUTA
Buongiorno S.,
ti ringrazio per averci contattati. Nei casi di adozione può verificarsi la situazione che racconti. Cioè all’inizio sembra vada tutto bene, un grande entusiasmo da parte di tutti. Il bimbo neo-arrivato mostra il desiderio di far parte della nuova famiglia. Fin da subito accoglie i nuovi genitori con la voglia forte di avere finalmente una mamma ed un papà. Ma poi, in un secondo momento, il bambino può cominciare a manifestare qualche disagio. Comportamenti indisciplinati a scuola, rabbia, possono essere i modi con cui M. esprime sentimenti che non riesce a mettere in parole, che magari non riesce a comprendere. Può essere normale che emergano solo dopo la fase di assestamento nella “nuova vita”, a volte può volerci anche molto tempo. Molte famiglie adottive si trovano in una situazione simile alla tua.
Di solito è consigliato farsi seguire da professionisti che si occupano di queste situazioni, per affrontare le varie fasi del processo adottivo, che può variare da caso a caso. E' importante non sottovalutare la delicatezza di questo processo, in modo da avviare al meglio la crescita dei bambini. Infatti, fare i genitori è un “mestiere” molto difficile, ed essere un genitore adottivo può essere anche più complicato. Inoltre, M. è stata adottata quando aveva 6 anni. Avrà una storia precedente all’incontro con voi che forse necessita di essere ripresa? È importante nel percorso adottivo cercare una continuità tra passato presente e futuro, nella maniera più coerente possibile. Ricostruire assieme la narrazione della storia adottiva (che comprende il prima, il durante e il dopo l’adozione) può essere un passaggio cruciale nei percorsi di adozione. Purtroppo non conosco la storia di M. né il percorso che avete fatto assieme fino a qui. Cercherò comunque di darvi qualche spunto, che spero possa esservi utile.
GENITORI E FIGLI ADOTTIVI IN DIFFICOLTA’: COME INTERVENIRE
Proprio per la complessità delle situazioni di vita che possono essersi presentate nella storia di un bambino adottato, è consigliato farsi aiutare da uno consulente Psicologo/Psicoterapeuta, che vi segua passo passo in tutte le fasi dell’adozione e che possa rimanere come un referente utile nel corso del tempo, anche per eventuali momenti di crisi futuri.
Suggerisco sempre di attivare in prima istanza un consulto genitoriale. Questo tipo di consulenza vi aiuterà ad inquadrare meglio la vostra situazione, anche leggendo i comportamenti di M. non solo come distruttivi ed oppositivi, ma anche portatori di una richiesta di aiuto, magari difficile al momento da esprimere a parole. Questo primo momento iniziale sarà utile anche per fare un’attenta valutazione dei vostri bisogni e capire, se necessario, quali altri dispositivi attivare. Infatti, non so dire al momento se è necessario intraprendere un percorso anche per vostra figlia M.
Il supporto psicologico per il minore è consigliabile quando il bambino presenta segnali di angoscia o disagio. Di solito essi sono legati alla complessità che devono affrontare, ad esempio nel cucire assieme le varie parti della sua vita. Già così piccolo ha un grande lavoro da fare. Infatti, ci sono vari livelli da considerare:
- i primi anni di vita: un supporto psicologico può servire ad elaborare ricordi della prima infanzia, magari anche spiacevoli e difficile da esplicitare, o addirittura da ricordare.
- la nuova famiglia: la paura di non essere davvero voluti, di non essere all’altezza delle aspettative, e quindi la paura di essere nuovamente abbandonati.
- la nuova vita: le difficoltà di adattamento (una nuova nazione, differenze socio-culturali, difficoltà con i pari).
Dal punto di vista operativo ed educativo, c’è da essere molto cauti. Nella specifica situazione che descrivi, cioè problemi comportamentali a scuola e reazioni rabbiose, potrebbe essere necessario:
- segnalare a M. dei limiti molto chiari, oltre i quali non è opportuno andare, soprattutto nei confronti di se stessa. Occorre aiutarla a capire che la prima vittima della distruttività delle sue azioni è se stessa.
- Aiutarla a trovare delle modalità differenti per comunicare ed esprimere come si sente.
- Non farla sentire in colpa oltre misura ed evitare eccessive esperienze di mortificazione, che sono necessarie per la crescita, ma non oltre i limiti di intensità che il bambino può sopportare in un dato momento.
- Cercate di non iper-proteggerla, perché è utile che M. possa affrontare, al vostro fianco, le conseguenze di quello che fa, ma ancora più importante, che possa riparare dagli errori
- È ancora molto piccola, quindi mi immagino che ad esempio si possa parlare con le insegnanti e trovare un modo condiviso tra scuola e famiglia per affrontare questa situazione. È molto importante che gli adulti di riferimento forniscano una posizione educativa condivisa e si mostrino il più allineati possibile sugli aspetti educativi. Mi raccomando però, non trasformatevi in insegnanti.
- È molto importante essere fiduciosi rispetto alle capacità di M. di potercela fare. Non tanto a livello di risultati concreti (dato che credo non siate molto lontani dal momento dell’adozione e lei è piccola), ma rispetto al fatto che le cose miglioreranno e lei starà meglio, voi starete meglio assieme. È una questione di tempo e fiducia reciproca.
ADOZIONE E SUPPORTO ALLA GENITORIALITA’: COME FUNZIONA
Nelle situazioni di adozione l’aiuto dello psicologo è molto utile nell’attività di sostegno alla genitorialità, che supporta i genitori a entrare in relazione con un figlio inizialmente sconosciuto e affrontare sfide educative anche molto diverse da come se le sono immaginate.
Qualche esempio:
- comprendere la storia dell’adozione dal punto di vista del bambino, in modo da poterla comprendere e rinarrare assieme. Cioè capire cosa ha sperimentato in passato, come questo ha influenzato il suo sviluppo.
- Rispondere alle domande che pone il bambino, e che porrà anche da più grande, senza paura e senza menzogna.
- Raccontargli la sua storia, nel giusto momento e nel giusto modo, rispettando il livello di verità che può tollerare nella fase specifica di crescita. Occuparsi di queste ferite senza ignorarle aiuterà tutti a costruire insieme la nuova famiglia.
- Affrontare la fase di “messa alla prova”, solitamente successiva alla fase di idealizzazione iniziale. Cioè il bambino provoca il genitore, per verificare la fondatezza del suo amore, a prescindere da quanto lo faccia arrabbiare, irritare attraverso comportamenti oppositivi (“mi tieni con te e mi vuoi anche se mi comporto male?”). In base alla sua esperienza, forse pensa di meritarsi di essere abbandonato.
- I bambini, alle prese con emozioni troppo sgradevoli, tendono ad agirle attraverso comportamenti concreti: capricci, crisi nervose, distruggere oggetti, mentire, rubare, trasgredire. A volte è l’unico modo per gestire sentimenti negativi di tristezza, solitudine, indegnità, incapacità, frustrazione, impotenza, rabbia. Per l’adulto non è semplice riconoscere questa dinamica e rispondere in maniera adeguata.
- Riflettere sulle aspettative che i genitori stessi hanno riposto e ripongono sull’adozione. Infatti, i genitori adottivi hanno una loro storia, precedente alla decisione dell’adozione, che può valere la pena considerare. Può essere una storia di sacrifici, di attesa, paura, delusioni. Una storia magari anch’essa dolorosa: l’impossibilità di avere figli propri, l’iter dell’adozione ed essere giudicati sulle proprie capacità genitoriali, ritrovarsi improvvisamente genitori, senza la possibilità di comprendere gradualmente come fare. Lo Psicologo vi può aiutare a gestire le vostre fatiche per essere più disponibili ad accettare e tollerare le sfide educative con i vostri figli adottivi.
ADOZIONE E DUE CONCETTI CHIAVE: APPROFONDIMENTO
- ADOZIONE: UN SOGNO CHE SI AVVERA
Inizialmente, incontrarsi, coronare il reciproco sogno di famiglia, riempie tutti di grande gioia. E’ possibile che in questa fase si idealizzi la situazione che si sta vivendo. Il bambino può essere pieno di curiosità, gratitudine, affetto verso i propri genitori adottivi. Anche se consce la sua storia, e ne ha consapevolezza, inizialmente è molto preso dall’essere stato finalmente accolto, piuttosto che dall’essere stato abbandonato. Inoltre, è frequente il desiderio (anche non cosciente) di volere rendere felici i nuovi genitori adottivi, cercando di soddisfare tutte le aspettative ed essere proprio un “bravo bambino”. Eppure, il passato prima o poi può tornare a galla, e vi troverete a doverci fare i conti. Se e quando ciò dovesse accadere, è utile che il vostro bambino vi senta vicino e possa far conto sul vostro aiuto. Quando le cose vanno male, spesso compare il timore di un secondo abbandono, e proprio su questo hanno bisogno di essere rassicurati. Sentimenti frequenti nella storia di bambini adottati possono essere di confusione, rabbia, tristezza, nostalgia, timore di essere diversi, ecc.
- ADOZIONE: ELABORARE L’ABBANDONO PER VIVERE NEL PRESENTE
Ogni adozione implica l’affrontare il processo di elaborazione di un “abbandono” da parte dei genitori naturali. A volte si ha qualche elemento della storia familiare precedente, altre volte non si ha alcuna notizia. Anche l’età di adozione del bambino incide sul processo di elaborazione dell’abbandono. Spesso, con l’avanzare dell’età del bambino, il processo di elaborazione può complicarsi. Soprattutto se il bambino/a ha subito traumi fisici o emotivi. Come ad esempio maltrattamenti, violenze, abbandoni, separazione dalle proprie figure di accudimento, deprivazione affettiva o fisica, malattie, ecc.
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