Ansia: sintomi, cause e cura | Risolvere
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ANSIA E DISTURBI D'ANSIA. SINTOMI, CAUSE E CURA

ANSIE DIFFERENTI, IN SITUAZIONI DIFFERENTI

L’ansia non si manifesta sempre allo stesso modo, ma differisce per intensità e per qualità. Vediamo in che modo.

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Puoi fissare un appuntamento di persona con uno dei nostri terapeuti. Ti aiuterà a dare forma al tuo problema ed individuare le giuste vie di uscita.
Incontra un terapeuta
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  1. Livelli moderati di ansia sono spesso utili per migliorare le prestazioni (eustress). Ad esempio, è funzionale un certo livello di adrenalina se dobbiamo sostenere un colloquio di lavoro, un esame o destreggiarci in una competizione sportiva.
  2. L’Ansia elevata può essere vissuta come fisiologica quando è una reazione coerente a ciò che sta succedendo. Ad esempio, se stessimo per avere un incidente in auto.
  3. Talune volte può, invece, associarsi a stimoli neutri, ovvero privi di un’oggettiva pericolosità o difficoltà, ma identificati dalla persona come minacciosi. In questi casi l’attivazione ansiosa è intensa, pervasiva, ingiustificata e sproporzionata rispetto al contesto (distress) (ad esempio, vengono descritti forti episodi di ansia al supermercato o se si deve telefonare a qualcuno)

La cronicizzazione di questa seconda modalità di risposta può contribuire all’instaurarsi di un disturbo d’ansia, cioè manifestazioni d’ansia più strutturate (ripetitività nel tempo dei sintomi) e durature nel tempo e frequenti.
La strutturazione di un vero e proprio disturbo di ansia può affliggere severamente la vita di una persona, influenzando le sue scelte e la sua libertà.
Tra i disturbi d’ansia più diffusi si possono menzionare:

Qui di seguito vengono tratteggiate delle vignette utili ad immaginarsi cosa può succedere dentro e fuori la mente di una persona che soffre di un disturbo d’ansia:

Attacco di panico: “All’improvviso ho sentito il cuore che batteva forte, sudavo, la vista mi si annebbiava. È stato orribile, ho creduto di avere un infarto. Ho chiamato mia moglie che mi ha portato immediatamente al pronto soccorso. Dopo gli opportuni accertamenti, i medici mi hanno somministrato un ansiolitico, assicurandomi che il mio cuore stava bene. Mi hanno detto che si trattava solo di un attacco d’ansia. Nel tempo questi episodi sono diventati sempre più frequenti e ormai non riesco a fare più niente perché non oso immaginare se solo stessi male davanti agli altri”.

Ansia sociale: “Sono in uno stato di ansia e imbarazzo tutto il tempo, perché in qualsiasi momento potrei essere invitata da un collega a prendere un caffè, oppure ricevere una telefonata di lavoro e dover rispondere di fronte a loro. Così sono costretta a rifiutare i loro inviti per timore di tremare e far cadere la tazzina del caffè o di non saper cosa dire o di fare una figuraccia. Evito spesso di partecipare alle cene o agli aperitivi di lavoro: non riesco neanche a parlare del tempo che fa, ho paura di balbettare, devo continuamente ripetermi a memoria quello che voglio dire… ma è faticoso e spesso ci rinuncio. Sono certa che gli altri mi giudicherebbero strana nel vedermi comportare così”.

Ipocondria: “Negli ultimi mesi ho costantemente paura di avere una brutta malattia. È un’ansia che inizia molto forte al più piccolo dolore e che spesso mi porta a chiamare il medico. Lui mi visita e mi rassicura, ma la sensazione è che lo faccia con superficialità, senza controllare perfettamente tutti i sintomi. Il risultato è che torno a casa un po’ più tranquilla, ma al primo dolore l’ansia ritorna incessante, provo a non pensarci, a distrarmi ma nulla. Ricorro anche a internet per cercare di capire la natura dei sintomi, ma non faccio altro che peggiorare la mia ansia. È diventato difficile fare tutto, il pensiero è sempre lì. I miei familiari non mi sopportano più, perché ormai non parlo d’altro. Per me sarebbe terribile se fossi malata”.

 

ANSIA: COME FUNZIONA

L’ansia è un’emozione secondaria o complessa provata di fronte a una sensazione di minaccia reale (es. minaccia alla persona) o figurata (es. minaccia all’autostima). È una risposta normale e innata di attivazione, caratterizzata da un aumento della vigilanza e dell’attenzione per prepararci ad affrontare il pericolo percepito (paura) con una risposta di attacco o fuga.
Quando si verifica un evento avverso e potenzialmente minaccioso per la persona (ad esempio, partecipare a una festa) si innesca automaticamente una valutazione circa la propria capacità di farvi fronte. L’evento viene valutato alla luce di precedenti esperienze personali in situazioni simili (generalmente non so mai cosa dire quando sono con altre persone) e secondo un senso condiviso di “pericolosità” associato a tali contesti (per gli altri è semplice partecipare a una conversazione, ma per me non è così). Questa valutazione è solo in una certa misura cosciente; una parte è condotta in modo automatico e inconsapevole e sembra prevalentemente guidata da pensieri irrazionali e intrusivi di pericolo, come ad esempio:

  • timore di svenire, di perdere il controllo, di avere un infarto, di impazzire, di morire (attacco di panico)
  • paura di ricevere un giudizio negativo (fobia sociale)
  • paura che accada qualcosa di male a sé o ai propri cari (disturbo d’ansia generalizzato)
  • preoccupazione di arrecare un danno a sé o i propri cari (disturbo ossessivo-compulsivo)
  • timore di essere esposti a un danno in realtà improbabile (fobie specifiche)
  • ricordo intrusivo di passate esperienze di pericolo (disturbo da stress post-traumatico).

Non sono “le cose che fanno rumore nella notte” a produrre ansia (es. il cigolio di una porta), quanto il significato che viene loro attribuito (“sarà stato il gatto” piuttosto che “sarà entrato un ladro?”). Alla componente cognitiva (pensieri) si associa una risposta di attivazione fisiologica che in una condizione di minaccia reale avrebbe facilitato l’azione reattiva di sopravvivenza (attacco o fuga), mentre in uno stato ansioso contribuisce a incrementare il livello di attivazione (arousal) amplificando i sintomi conseguenti, in quanto percepita come un pericolo aggiuntivo e incontrollabile.

 

ANSIA E SINTOMI

I sintomi più frequenti dell’ansia sono:

  • aumento della frequenza cardiaca (percepita sotto forma di palpitazioni) con uno spostamento del sangue dai visceri ai muscoli (avvertito sotto forma di secchezza delle fauci, nausea, dolore addominale)
  • aumento del drive respiratorio (percepito sotto forma di difficoltà a respirare o sensazione di soffocamento, torpore, parestesie, vertigini, sensazione di testa vuota e fastidio al torace)
  • aumento della tensione muscolare (percepita in termini di tremori, tensioni e dolori muscolari)
  • riduzione dell’attenzione (che provoca difficoltà di concentrazione, derealizzazione e depersonalizzazione).

Il livello di attivazione dell’ansia dipende da tre fattori: il limite oltre il quale l’evento potenzialmente avverso viene percepito dall’individuo come una minaccia il limite oltre il quale il soggetto abitualmente risponde a un pericolo con un elevato livello di attivazione e la sensazione da parte della persona di essere in grado di controllare sia l’arousal (attivazione) che la minaccia. I soggetti con una predisposizione a sviluppare un disturbo d’ansia decidono rapidamente che, poiché il pericolo è imprevedibile e incontrollabile, è anche ingestibile.

 

ANSIA E TRATTAMENTO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

La psicoterapia cognitivo-comportamentale (TCC o in inglese CBT) è uno specifico orientamento della psicoterapia che spiega il disagio emotivo attraverso una complessa relazione fra pensieri, emozioni e comportamenti. Gli eventi influenzano le nostre emozioni, ma pensieri e comportamenti determinano la loro intensità e la loro durata. Dunque, per la TCC i problemi emotivi sono influenzati da ciò che pensiamo e facciamo nel presente, ovvero dal modo in cui interpretiamo le varie situazioni e dal significato che diamo agli eventi: lo stesso evento, quindi, può portare a emozioni e comportamenti differenti a seconda di come lo si interpreta. Una valutazione soggettiva - e distorta - della realtà dipende dalla presenza di pensieri che abbiamo su di noi, sugli altri e sul mondo, che si attivano in modo rigido indipendentemente dai contesti, producendo sofferenza. Per esempio, una persona ansiosa può pensare di sé: “Ma sarò all’altezza di…?” (pensiero) e provare uno stato di agitazione (emozione); a sua volta, l’agitazione favorisce l’evitamento della situazione per ridurre lo stato d’ansia (comportamento), portando il soggetto a interpretare l’evento come un’ulteriore prova del proprio fallimento personale.

La terapia cognitivo comportamentale ha le seguenti caratteristiche:

  • è fondata scientificamente: numerosi studi hanno mostrato la sua efficacia nel trattamento di diversi disturbi psicologici
  • è orientata allo scopo: dopo una prima fase di valutazione diagnostica, terapeuta e paziente stabiliscono gli obiettivi della terapia e il piano terapeutico da adottare per lavorare dapprima sui sintomi, causa della maggior sofferenza della persona, e, successivamente sul suo funzionamento (mentale e comportamentale)
  • è centrata sul problema attuale: l’attenzione è rivolta sul qui e ora. Pur considerando gli eventi passati e le esperienze infantili come utili fonti d’informazione rispetto all’origine e all’evoluzione dei sintomi, la terapia cognitivo-comportamentale si orienta verso ciò che nel presente contribuisce a mantenere la sofferenza
  • è basata sulla collaborazione attiva fra terapeuta e paziente, sviluppando strategie adeguate per padroneggiare il dolore
  • mira a far diventare il paziente terapeuta di se stesso: il soggetto viene progressivamente “allenato” a prendere consapevolezza circa il proprio funzionamento mentale e a utilizzare le tecniche per gestire e alleviare la propria sofferenza

Obiettivi della Terapia Cognitivo Comportamentale:

  • comprensione della natura del disturbo (psicoeducazione). Nel disturbo d’ansia significa comprendere la normale fisiologia dello stato ansioso, sia dal     punto di vista cognitivo (paura di svenire, di morire, di perdere il controllo…) che fisico (palpitazioni, sudorazione, fiato corto…), al fine di rendere la maggior parte delle minacce comprensibili e gestibili agli occhi del soggetto;
  • intervenire sui vari livelli di contenuti mentali, ovvero il modo in cui si attribuiscono significati alle varie esperienze vissute (“sono un’incapace!”, “io sono una brava persona”, “sono poco interessante”, “gli altri sono imprevedibili”, “gli altri sono forti”, “il mondo è pericoloso”, “il mondo è corrotto”, “non si deve mai contraddire gli altri”, “solo se si è servizievoli, si può essere amati”).
    Nel disturbo d’ansia si potrebbe pensare: “se accadrà gli altri mi vedranno in ansia e penseranno che sono un debole”, “se accadrà tutto andrà storto”, “gli altri sicuramente mi giudicheranno male”;
  • modificare le distorsioni cognitive, ovvero le modalità errate di elaborazione delle informazioni (“non me ne va mai una giusta!”, “sbaglio sempre”, “sicuramente penserà che è colpa mia”, “se avessi saputo che le cose sarebbero andate in questo modo, non lo avrei mai fatto”, “se non dici la verità, sei una persona immorale”).
    Nel disturbo d’ansia si può spesso osservare una tendenza al ragionamento emotivo, ovvero considerare il proprio stato emotivo come spiegazione per dar senso a una situazione piuttosto che considerarlo una conseguenza di essa (“se sono così agitato, vuol dire che per me è davvero pericoloso uscire da solo”);
  • individuare e scardinare i fattori di mantenimento, ovvero quei pensieri e comportamenti che contribuiscono al protrarsi nel tempo del disagio; ad esempio, decidere di non partecipare a una festa per il timore di non sapere cosa dire, al fine di far abbassare i livelli di ansia (evitamento). Nel disturbo d’ansia vorrebbe dire intervenire sulla tendenza a non prendere l’ascensore, a evitare le gallerie, i luoghi affollati…
  • promuovere lo sviluppo di strategie di coping, ovvero quei meccanismi di adattamento e rispostache una persona può utilizzare quando si trova in condizioni di stress di varia natura e/o particolarmente conflittuali (ad esempio, l’utilizzo dell’umorismo, dell’esercizio fisico come mezzo per la regolazione emotiva). Nel disturbo d’ansia, per esempio, si possono apprendere strategie di modulazione del respiro o tecniche di rilassamento, come il training autogeno (video).

 

 

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